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Gola infernaccio



Il grande massiccio dei Monti Sibillini (Giacomo Leopardi amava chiamarli “Monti Azzurri”) nasconde un segreto, forse un segreto così noto che lo dichiarano il nome stesso di questi monti,e molti toponimi: grotta del Diavolo passo del Diavolo, fossa dell’inferno gola dell’Infernaccio, lago di Pilato, grotta delle Fate o grotta della Sibilla. Ne parla anche una lunghissima tradizione culturale, una leggenda raccolta nel 1420 da Antoine de la Salle e già nota fin dal 1391 al poeta del Guerrin Meschino, che situa in una grotta del Monte della Sibilla il regno di una misteriosa Dea dell’amore profano e profetessa. Chi arriva oggi al monte della Sibilla dalla strada aperta da Montemonaco, rimane subito colpito da una singolare scogliera di basalto alta 10 metri che fa da corona al monte, quasi profilo antropomorfo di una regina. È certo che per tutto il Rinascimento questo monte era al centro di una importantissima via di comunicazione verso Roma e fu continua meta di visite. Cavalieri erranti francesi e tedeschi raccontarono i loro “incontri” con la maga,nelle caverne del monte, seguiti o meno da pentimenti. Ne nacque Il Guerrin Meschino di Andrea da Barberino, il francese Paradiso della Sibilla il tedesco La Disputa Poetica del Warburg di Felix Hemmerlin con tema ripreso nella Mora (di Moehrin) di Herrmann von Sachsenheim. Negromanti di ogni tipo, se non proprio maghi e demoni, hanno abitato sicuramente il monte e la grotta stando a testimoni più o meno diretti come Enea Silvio Piccolomini, Benvenuto Cellini, Luigi Pulci, l’Ariosto, Flavio Biondi. Sembra che i Santi Abati di Sant’Eutizio, ghostbusters dell’epoca, già nel secolo VIII per ordine di Papa Giovanni abbiano fatto Grottacrollare la grotta, operazione ripetuta poi dal repressore Albornoz nel 1354, e purtroppo anche in tempi molto recenti, grazie ad un maldestro tentativo di scavo con la dinamite. L’Accademia Reale Belga ha condotto una spedizione nel 1953, col magro risultato di uno sperone, un coltello, un tornese di Enrico II sec. XVI. Tra i contadini si pensava ancora, fino agli anni Sessanta, che venti e tempeste erano scatenati dal passaggio di maghi e streghe. Leggende analoghe circondano anche il cupo specchio del lago di Pilato, i cui diabolici abitatori avrebbero addirittura richiesto il sacrificio di un uomo all’anno e che in epoca Rinascimentale fu anch’esso luogo di culti particolari. Il lago è in una depressione del monte Vettore sotto il pizzo del Diavolo. Forse non c’é nascosta alcuna arcana sapienza, ma di sicuro c’è un essere unico al mondo, una minuscola famosissima creatura che altrove non vive, creatura endemica che solo con altri fillipodi dell’Asia minore e del Caucaso trova somiglianza: il Chirocephalus Marchesonii. Non vi basta quanto a mistici poteri delle forze naturali e segreti arcani? Precauzioni per una eventuale scalata al monte della Sibilla, le tempeste improvvise, vendette della maga, sono reali.

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